Madonna delle Grazie di Pordenone

Madonna delle Grazie di Pordenone

Madonna delle Grazie di Pordenone

Le origini

Nel rinnovato culto mariano promosso dopo il Concilio di Trento (1545-1563), anche nella diocesi di Concordia-Pordenone sorsero diversi santuari dedicati al culto della Vergine.

A Pordenone, fuori delle porte della città, oltre il fiume Noncello, esisteva da tempo un piccolo oratorio a protezione di un’immagine della Madonna dipinta ad affresco nella seconda metà del Cinquecento.

Approfondimento

Il capitello con l’immagine della Madonna era chiamato in vari modi: “anconetta dei Ferri” (dal nome dei nobili Ferro, proprietari del terreno), “Capitello della Colombara”, o “Madonna delle barche”. Quest’ultimo appellativo era motivato dal fatto che allora il fiume Noncello, storica via d’acqua verso le lagune veneziane, faceva una grande ansa proprio verso il piccolo oratorio, passandovi a un centinaio di metri di distanza, vicino al luogo d’approdo dei pescatori e dei barcaioli che portavano i burghi sino a Venezia. Lo stesso nome si dava anche al vicino piccolo borgo di San Gregorio, detto appunto “delle barche”. 

Le cronache cittadine ricordano un’apparizione della Madonne nel 1624, lungo la via che da Pordenone portava al borgo di San Gregorio, nei pressi del fiume Noncello. L’evento miracolo, non altrimenti spiegato, provocò un’ondata di entusiasmo popolare e l’antica minuscola “anconetta” divenne subito meta di pellegrinaggi, con un conseguente proficuo afflusso di offerte, per cui si rese possibile la progettazione di una chiesa vera e propria, destinata ad assumere le caratteristiche tipiche del Santuario.

La prima pietra fu posta il 28 ottobre 1626 (nel giorno dei santi Simone e Giuda) e la nuova chiesa fu dedicata alla Natività della Madonna.

La costruzione del nuovo edificio proseguì con una certa lentezza, tanto che nel 1693 essa non era ancora consacrato.

Approfondimento

Fin dall’inizio il Santuario era divenuto riferimento religioso per l’intera comunità del pordenonese e del territorio circostante. Già nel 1631 per un’epidemia di peste la città aveva fatto voto mi mettersi sotto la protezione della Madonna.

Nel corso del Settecento il Santuario fu meta di continui pellegrinaggi, molti pordenonesi, e non solo, si rivolsero all’immagine sacra nei momenti di bisogno o di scampato pericolo, come ricordano molti ex-voto

Il Santuario del Seicento

L'edficio seicentesco richiamava i modelli del barocco veneziano, ma non possedeva rilievi artistici. Esso fu eretto con orientamento dell’abside in direzione sud-est e portale a nord-ovest, verso i monti. Una piccola sacrestia fu edificata sul lato destro, all’opposto dell’uscita laterale dal bel portale rococò, tuttora esistente.

Dal portale principale del Santuario seicentesco, tuttora esistente, completato da un timpano, e sormontato da una finestra semicircolare, si accedeva direttamente all’aula, il cui pavimento era costituito da semplici mattoni in cotto. Le pareti interne erano trattate a marmorino bianco e scandite da lesene scanalate. All’esterno, un finto marcapiano, segnato da una grossa cornice, correva tutt’intorno, a due terzi dell’altezza. Lungo il perimetro la base era rafforzata da una zoccolatura.

Il Santuario del Novecento

A causa del cattivo stato di conservazione dell’edificio seicentesco alla fine dell’Ottocento fu deciso di sostituirlo.

Il progetto originario della nuova chiesa, con pianta a croce latina, fu ideato dallo scultore e architetto Luigi De Paoli (Cordenons 1857-1947), e dell’ingegnere Enrico Moro di Udine. L’architetto si ispirò inizialmente allo stile romanico. Con le varianti proposte dal successivo direttore dei lavori architetto Domenico Rupolo di Caneva (1871-1945), succeduto al “capomastro” Girolamo D’Aronco e le “modernizzazioni” apportate dal pittore Tiburzio Donadon di Pordenone (1881-1961).

La chiesa fu consacrata il 13 agosto 1921, ma una prima benedizione, con celebrazione della prima messa, era stata fatta già nel 1918. L’immagine devozionale fu trasportata l’11 agosto 1921, due giorni prima della consacrazione.

Il Santuario ebbe la completa esecuzione nel 1923.

L’immagine della Madonna sull’altare maggiore

L’immagine ad affresco posta sull’attuale altare maggiore è la stessa che era ospitata nell’antico capitello. Nel 1626 fu trasferita nell’altare del piccolo Santuario seicentesco. Nel 1921 fu solennemente traslata nella chiesa attuale.

In passato, per la sua intensa bellezza, era stata attribuita a Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone (1483/1484-1539), ma il suo autore è ignoto, anche se oggi sappiamo che l’affresco fu eseguito nel 1563, da un pittore certamente influenzato dall’arte del Pordenone (il riferimento è alla Madonna con Bambino che de’ Sacchis realizzò nel 1525 per la parrocchiale di San Martino a Pinzano). L’opera attuale ha subito eccessive ridipinture e pesanti interventi di restauro.

L’11 aprile 1921 l’affresco fu inserito, entro una cornice strombata in muratura, nel nuovo altare progettato dall’architetto Domenico Rupolo e Luigi De Paoli.

In occasione della festività dell’8 settembre 1924 all’immagine fu imposta solennemente la corona donata dal cardinale Pietro La Fontaine, patriarca di Venezia.

Il nuovo altare maggiore

Il nuovo altare maggiore fu progettato da Domenico Rupolo e realizzato dalla ditta Paolo Passamai di Solighetto, impiegando marmi come il broccatello rosso-sanguigno di Verona, il bianco Carrara e il bardiglio scuro a tinta unita. Ai lati furono collocati due grandi angeli in gesso, adoranti la Vergine, opere dello scultore Luigi De Paoli.

Gli altari laterali

Il 2 settembre 1923 furono inaugurati i due altari laterali, consacrati al Sacro Cuore (con i nomi, su grandi lapidi alle pareti, dei caduti pordenonesi nella guerra del 1915-1918), e al missionario ed esploratore pordenonese del XIV secolo, beato Odorico Matiussi: entrambe le sculture su disegno di Domenico Rupolo.

Le decorazioni pittoriche di Tiburzio Donadon

L’interno del Santuario fu completamente decorato da Tiburzio Donadon, il quale impiegò varie tecniche pittoriche, compresa la tempera. Estese campiture furono eseguite a latte di calce su intonachino fresco, per rendere più trasparenti e mossi i colori.

Le superfici dipinte appaiono come un buon esempio di Art nouveau del momento Liberty (o “floreale” come si diceva in Italia) degli inizi del XX secolo. Interessante è l’effetto complessivo della decorazione, con riflessi dell’arte orientale, immersi in elementi naturalistici, ricchi di simbolismi.

Approfondimento
<!-- /* Font Definitions */ @font-face {font-family:"Cambria Math"; panose-1:2 4 5 3 5 4 6 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:roman; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:3 0 0 0 1 0;} @font-face {font-family:Calibri; panose-1:2 15 5 2 2 2 4 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:swiss; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-469750017 -1073732485 9 0 511 0;} /* Style Definitions */ p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal {mso-style-unhide:no; mso-style-qformat:yes; mso-style-parent:""; margin-top:0cm; margin-right:0cm; margin-bottom:8.0pt; margin-left:0cm; line-height:107%; mso-pagination:widow-orphan; font-size:12.0pt; font-family:"Times New Roman",serif; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-fareast-language:EN-US;} .MsoChpDefault {mso-style-type:export-only; mso-default-props:yes; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-fareast-language:EN-US;} .MsoPapDefault {mso-style-type:export-only; margin-bottom:8.0pt; line-height:107%;} @page WordSection1 {size:612.0pt 792.0pt; margin:70.85pt 2.0cm 2.0cm 2.0cm; mso-header-margin:36.0pt; mso-footer-margin:36.0pt; mso-paper-source:0;} div.WordSection1 {page:WordSection1;} -->

Per molti anni il pittore Tiburzio Donadon (1881-1961) si dedicò alla decorazione della nuova chiesa. Nato a Motta di Livenza, studiò a Venezia, dove si diplomò all’Accademia di Belle Arti, trasferendosi infine a Pordenone. Nella sua lunga attività realizzò decorazioni e cicli pittorici soprattutto in chiese e palazzi del Friuli e del vicino Veneto. Contribuì, con innumerevoli interventi di restauro, alla salvaguardia del patrimonio artistico della regione.

Le zone inferiori sono dipinte a finti marmi e grandi velari. Le parti superiori presentano una tessitura a mattoni policromi. In ogni arcone della navata principale e dei bracci del transetto sono raffigurati grandi angeli, in posizione frontale. Reggono dei cartigli sui quali è riportato un inno di devozione alla Madonna. Altre scritte, pure tratte da canti mariani, si intervallano nei decori dell’abside. Un brano del Cantico di Cantici di Salomone si snoda sulle pareti del coro, sotto finti velari decorati con spighe e grappoli d’uva.

Nel catino dell’abside, di fronte all’aula della chiesa, domina la figura della Vergine in gloria, attorniata da splendidi angeli musicanti dall’aureola dorata.

Donadon decorò il Santuario (per oltre 194 metri quadri) tra il 1920 e il 1925, e intervenne pure sulla facciata, abbellita con finti mattoni policromi, dipingendo una serie di santi alternata ad angeli e gigli.

Il crocifisso

Il grande Crocifisso in bronzo è opera del 1977 dell’artista fiorentina Amalia Ciardi Dupré.