Il Tempio Ossario di Udine
Udine
La facciata
Tempio Ossario di Udine, facciata
L’interno e l’altare di Aurelio Mistruzzi
Tempio Ossario di Udine, visione dell'ingresso verso l'abside
L’interno e l’altare di Aurelio Mistruzzi
Tempio Ossario, presbiterio: al centro l'altare di Aurelio Mistruzzi
Il presbiterio sotto la cupola e gli antichi dipinti
F. Pittino, esecutore Scuola Mosaicisti di Spilimbergo, La Resurrezione di Cristo, 1968, mosaico a smalto con tessere dorate
L'opera di Fred Pittino
Fred Pittino, Altare del Santissimo Sacramento, 1957 - 1958
La cripta
Cripta, Ossario dei soldati ignoti
Il Tempio Ossario di Udine
Il Tempio Ossario di Udine, dedicato alla memoria dei Caduti nella Prima guerra mondiale e intitolato a San Nicolò, è opera novecentesca, ma anche erede dell’antica chiesa parrocchiale di San Nicolò, già in via Zanon e distrutta nel 1932, per far posto a un edificio razionalista progettato da Cesare Miani.
Dalla chiesa di San Nicolò provengono gran parte delle opere d’arte antiche ospitate nel Tempio.
Fin dal XIV secolo esisteva in borgo Poscolle una cappella dedicata al santo, patrono della Confraternita dei fabbri, che la trasformarono in chiesa di San Nicolò, consacrata nel 1341 dal patriarca Bertrando, divenuta parrocchia nel 1597.
Alla chiesa nel 1341 era stato integrato un monastero femminile di penitenti Agostiniane, chiuso nel 1562 e riaperto nel 1642 con suore Francescane, che nel 1773 vendettero il convento alla famiglia Politi. Nel 1614 anche la chiesa, ubicata tra via Zanon e via Viola, fu riedificata e a quel periodo risalgono probabilmente i dipinti seicenteschi ancora conservati nel Tempio Ossario e nel Museo Diocesano.
La chiesa di borgo Poscolle fu demolita e ricostruita tra il 1877 e il 1879, ad opera dell’architetto Andrea Scala (Udine 1820 – 1892). Nel 1932 l’edificio fu demolito e al suo posto Enrico Miani progettò l’attuale casa in stile Novecento, dove un rilievo, attribuito al pittore Napoleone Pellis, ricorda l’antica chiesa con un san Nicolò benedicente con in mano la raffigurazione della chiesa ottocentesca.
La storia del Tempio Ossario dal 1919 al 1928.
La costruzione del Tempio si deve a don Clemente Arturo Cossettini, che nel 1914 era divenuto parroco di San Nicolò e durante la Grance Guerra cappellano militare presso un raggruppamento di artiglieria pesante. Nel 1919 ritornò al suo ufficio di parroco con in animo l’dea di erigere una chiesa in onore dei Caduti, anche in considerazione dell’inadeguatezza di San Nicolò.
Per concretizzare la propria idea don Cossettini promosse tra 1920 e 1927 delle feste di beneficenza per raccogliere fondi e costituì un apposito Comitato.
Il terreno per la futura chiesa fu acquistato dal birrificio Moretti su piazzale XXVI luglio.
Il piazzale ricorda il giorno dell’ingresso delle truppe italiane a Udine nel 1866, durante la III Guerra d’indipendenza contro l’Austria, prima dell’annessione del Friuli al Regno d’Italia; inoltre, in esso il 4 novembre del 1918 giunsero le truppe italiane che liberavano la città occupata un anno prima dagli austro-ungarici, dopo la rotta di Caporetto.
Il progetto dell’edificio, che doveva essere contemporaneamente chiesa e sacrario, fu affidato a Provino Valle (Udine 1887 – 1955), architetto e volontario durante la Guerra.
La costruzione proposta da Valle aveva una pianta basilicale a tre navate, con un coro rialzato con l’ara votiva. La sua semplicità doveva ricordate le prime chiese cristiane, ma era anche dovuta a ragioni economiche. Solo la facciata, campeggiante sul piazzale, aveva uno sviluppo architettonico monumentale, che si rifaceva al Barocco e alle opere di Bernini. L’edificio doveva misurare 54 metri in lunghezza, 20 di larghezza e 24-30 metri in altezza.
La prima pietra fu posta il 12 luglio 1925, nel giorno della festa dei patroni udinesi (i santo Fortunato ed Ermacora), ma i lavori ebbero inizio solo nella primavera del 1926. I problemi iniziarono subito: nel 1926 il Comune di Udine non approvò il progetto, chiedendo che la facciata fosse realizzata in pietra. Al centro della facciata era prevista una scultura di Mario Ceconi di Montececon (Pielungo 1893 – Milano 1980), offerta dall’Associazione Nazionale Combattenti, raffigurante la Madonna della Vittoria, di cui fu realizzato solo il bozzetto.
I lavori proseguirono fino al completamento delle pareti laterali e alla costruzione delle colonne dell’interno e nell’ottobre del 1927 il Tempio si presentava coperta e la facciata rifinita al grezzo, con un grande nicchione.
Nello stesso 1927 il Governo italiano stabilì di costruire degli Ossari per raccogliere le salme dei Caduti, disperse nei cimiteri di guerra (ben duecento solo nella pianura friulana). Di conseguenza il Comitato decise di trasformate il Tempio ai Caduti d’Italia in Tempio Ossario, facendo sviluppare da Provino Valle una vasta cripta ossario, per tutta la lunghezza del Tempio, a cui si accedeva dall’abside.
Per assolvere alla nuova funzione e attingere ai finanziamenti previsti, il Comitato di don Cossettini coinvolse l’Ufficio centrale Cure e Onoranze ai Caduti, presieduto dal generale Giovanni Faracovi, il quale nel 1928 annunciò l’assegnazione a Udine, capitale della Guerra, del Tempio Ossario, che con le sue 20.000 salme sarebbe risultato uno dei maggiori d’Italia.
I progetti di Provino Valle che trasformavano il Tempio votivo in Ossario furono sottoposti all’Ufficio centrale Cure e Onoranze ai Caduti, ma nessuno ottenne l’approvazione. Quindi, il generale Faracovi incaricò l’architetto romano Alessandro Limongelli (Il Cairo 1890 – Tripoli 1932), che si era già cimentato in numerosi edifici commemorativi, di carattere monumentale, ispirati all’antichità romana.
Limongelli e Valle collaborarono trasformando insieme il Tempio in costruzione in Ossario: al primo spettava la progettazione artistica e al secondo la parte tecnico costruttiva.
Il nuovo progetto di Limongelli
Nel nuovo progetto, datato 1930, la ripresa barocca di Valle cedette allo stile monumentale dell’architetto romano: della facciata a capanna rimase del progetto iniziale solo un grande e spoglio nicchione, comparvero le grandi statue sullo zoccolo esterno. Il braccio anteriore, a tre navate, cui si aggiunsero 14 cappelle laterali, subì le trasformazioni minori; mentre la parte absidale fu radicalmente cambiata. Su un vano cubico fu impostata la grande cupola emisferica a 236 cassettoni, dal diametro di 26 metri per 67 di altezza, resa illusionisticamente più alta dalla luce che penetra dai 16 finestroni posti sull’alto tamburo.
Il grande spazio absidale si innesta sulla navata e si apre ai lati su due grandi esedre laterali, sporgenti all’esterno, e sul profondo abside con poderosi arconi a tutto sesto, secondo soluzioni bramantesche.
All’esterno il Tempio Ossario è dominato dalla grande cupola, che mutò lo skyline cittadino, mentre ai 4 angoli del tamburo si dovevano porre delle sculture che mai furono eseguite.
La parte inferiore comprende la cripta, forse la più ampia d’Italia con i suoi 5,85 metri d’altezza, 60 di lunghezza e 18 di larghezza, 16 pilastri rivestiti di travertino.
Della originaria costruzione Limongelli conservò solo la navata anteriore e provvisoriamente la facciata, mentre fu demolita la parte absidale. Era previsto anche un alto campanile, che però non fu mai realizzato. Per il complesso dei lavori la spesa prevista era di lire 4.500.000.
Dopo la prematura morte di Limongelli nel 1932 il controllo dei lavori fu assunto dalla Provincia di Udine, sotto la direzione dell’ingegnere Arnaldo Inselvini, che con Provino Valle, insieme all’ingegner Domenico Pievatolo, rividero nuovamente il progetto.
A giudizio dell’ingegner Domenico Pievatolo, in una relazione riservata inviata all’Amministrazione Provinciale di Udine, il primitivo Tempio votivo, voluto dal parroco Cossettini su progetto di Provino Valle, era stato eseguito senza alcuna regola, tanto che gli assi non erano ortogonali e le parti in legno si presentavano marcescenti, mancava anche la documentazione contabile, inoltre rilevava pagamenti irregolari per i dipendenti e spese ingiustificate.
La rifondazione e trasformazione in Tempio Ossario.
Il 18 marzo 1932 l’arcivescovo di Udine, Anastasio Rossi, benedì la prima pietra del nuovo Tempio Ossario, dove la navata anteriore fu adattata provvisoriamente a nuova chiesa parrocchiale.
I rivestimenti marmorei, particolarmente importanti nel nuovo progetto, furono eseguiti nel 1932-1936 e nel 1938-1939. Le colonne della chiesa superiore furono rivestite di marmo rosso di Verzegnis, furono usati travertino e pietra piasentina per pavimenti e lapidi, pietra e marmo neri per lo zoccolo esterno e le scale della cripta. La pietra nera proveniente da Forni di Sopra fu ben presto sostituita con il nero nube dell’alta valle del Frigido a Trieste, per i numerosi difetti.
Nel 1933 l’ingegnere Ferdinando Vicentini procedette alla rifondazione della costruzione e al rinforzo della struttura portante centrale, che doveva reggere la cupola, sostenuta da 4 pilastri congiunti da arconi a tutto sesto.
Nel 1935 la cupola fu terminata e rivestita in rame, mentre la croce sommitale, modellata su quella di San Marco a Venezia, fu posta in opera nel 1938.
Nel 1936 si iniziò la costruzione della parte superiore del Tempio.
A causa delle divergenze tra la direzione artistica e tecnica dei lavori, fin dal 1933 era stata nominata una Commissione artistica per le opere di decorazione, presieduta dal Soprintendente Ferdinando Forlati, composta dallo storico Giuseppe Vale, dall’architetto Cesare Miani, dal vice-presidente della Provincia di Udine Luigi Querini, insieme ai direttori dei lavori Provino Valle e Domenico Pievatolo. La Commissione fu attiva dal 1933 al 1938 e si occupò anche delle numerose varianti del progetto, chiedendo la modifica del bozzetto della facciata, la predisposizione dei modelli per le torrette circolari poste agli angoli della cupola, da cui vennero eliminati, per ragioni economiche, i gruppi progettati da Limongelli. Inoltre, curò l’innalzamento e l’allungamento delle navate laterali a fianco della costruzione esistente fino alla facciata, l’abbassamento di un metro del pavimento della cripta, che permise di poter ospitare fino a 25.000 caduti.
La rifondazione e trasformazione in Tempio Ossario
Il 20 agosto 1935 re Vittoria Emanuele III visitò il Tempio e nel novembre successivo ebbe inizio la tumulazione delle salme.
Solo nel 1938 Provino Valle preparò il bozzetto e i disegni per la facciata, che risultò radicalmente diversa da quella che egli stesso aveva previsto in precedenza. La semplice facciata a capanna presentava ai lati degli sbalzi, resi necessari dal prolungamento delle navate laterali ed era rivestita in pietra, con un basamento in pietra nera. Del grande nicchione rimase solo il portale ad arco a tutto sesto, che nella parte superiore doveva contenere un sarcofago, sorretto da un architrave con colonne.
Nel 1936 fu demolita la vecchia facciata. Le nuove spese furono coperte con fondi governativi.
Nel marzo 1938, benché i lavori non fossero conclusi (mancavano pure gli infissi), il Tempio fu aperto al culto e nel luglio officiata la prima messa.
Il 20 settembre 1938 il Tempio fu visitato da Benito Mussolini e per l’occasione la piazza antistante fu decorata da Provino Valle, Fred Pittino e Max Piccini.
Finalmente il 22 maggio 1940 (pochi giorni prima dell’entrata in Guerra dell’Italia, il 10 giugno), il Tempio Ossario fu consacrato dall’arcivescovo di Udine Giuseppe Nogara.
In occasione della consacrazione del Tempio, il 22 maggio 1940, pochi giorni prima dell’entrata in Guerra dell’Italia, il 10 giugno, fu stampato un opuscolo intitolato Il Tempio dei Caduti d’Italia, che doveva essere inviato alle famiglie dei Caduti, ma la spedizione fu proibita e la pubblicazione sequestrata dalla Questura, poiché in essa era esaltata la vittoria italiana su Austria e Germania, il cui ricordo era ritenuto inopportuno in quel particolare momento storico.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il Tempio ospitò incontri clandestini del Comitato di Liberazione Nazionale, mentre numerosi perseguitati furono nascosti nella cripta e all’interno dei grandi modelli in gesso, come ricorda una targa apposta sull’ingresso a ponente.
La rifondazione e trasformazione in Tempio Ossario
Il 17 luglio 1941 morì monsignor Arturo Clemente Cossettini, fondatore e primo parroco del Tempio. La sua tomba si trova nella cripta.
Nel 1975 entrò in vigore la convenzione tra Parrocchia del Tempio e Commissariato Generale Onoranze Caduti del Ministero della Difesa: la Parrocchia si obbligava a conservare in perpetuo le salme dei Caduti, mentre il Ministero si impegnava alla custodia e manutenzione ordinaria.
La facciata
La facciata principale e capanna di ispirazione romanica (1936-1937) sporge leggermente nella parte centrale rispetto alle parti laterali.
Interamente rivestita di pietra bianca di Torreano con cornicione in piasentina scura e basamento in pietra nera del Carso, con le scritte BELLO PEREMPTORUM MEMORIAE sull’architrave e DEO OPTIMO MAXIMO IN HONOREM SANCTI NICOLAI lungo l’arcone. Un alto arco a tutto sesto profilato in pietra nera inquadra il portone d’ingresso, che nella parte superiore racchiude un sarcofago in marmo rosso, sorretto da un architrave su colonne poligonali, rivestite da marmo rosso di Verzegnis. Il sarcofago, che reca le date del conflitto, è decorato con una Pietà in gesso e terracotta eseguita nel 1960 da Luciano Del Zotto (Udine 1932 - 2010).
Punto di attrazione della facciata sono le statue raffiguranti il Marinaio, l’Alpino, il Fante e l’Aviatore inquadrate dalla grande fascia basamentale. I modelli in gesso furono realizzati da Silvio Olivo (Villaorba di Basiliano 1909 – Udine 1999), che nel 1938 risultò vincitore del concorso bandito dalla Provincia di Udine. I modelli in gesso, dalle dimensioni monumentali di circa 3 metri, furono disposti in fila lungo la navata centrale del Tempio, ma si dovette aspettare fino al 1952 per la traduzione in pietra piasentina, ad opera dello scultore gemonese Luigi Pischiutti (Venezia 1896 – Udine 1952) e dagli allievo, ma furono eseguite in una scala minore di quella prevista.
Dalla controfacciata si vede la vetrata istoriata a piombo eseguita da Arrigo Poz (1929 – 2016) nel 1990, in occasione del cinquantenario del Tempio, entro un poderoso arcone, raffigurante San Nicoò, titolare dell’antica chiesa, che protegge un gruppo di bambini.
L’interno e l’altare di Aurelio Mistruzzi
L’interno del Tempio è monumentale: la navata centrale con la volta a botte a cassettoni, il poderoso arco trionfale e le 30 colonne a sezione poligonale, interamente rivestite di marmo rosso di Verzegnis. Ad essa si affiancano le navate laterali, dove si aprono con grandi arconi le cappelle laterali, ricoperte dalle lapidi dei Caduti. Qui l’unico e sobrio elemento di decorazione è dato dalle stazioni dalle stazioni della Via Crucis, fuse in bronzo nel 1937 da Giannino Castiglioni (Milano 1884 – Lieno 1971), il quale lavorò anche per i Sacrari di Redipuglia, Caporetto, del Grappa e Timau.
Al termine della navata si apre il vasto presbiterio, che deve ad Alessandro Limongelli la grandiosa concezione spaziale, dominata dalla cupola a cassettoni. Il fulcro spaziale è dato dall’altare con il solenne Crocifisso bronzeo, che si innalza su un podio a gradini.
L’altare fu commissionato al più famoso scultore friulano del periodo, Aurelio Mistruzzi (Villaorba di Basiliano 1880 – Roma 1960), eseguito nel 1938: La mensa è in marmo rosso di Verzegnis, decorato sulla parte frontale e sul retro da altorilievi con santi venerati nella chiesa aquileiese: sulla parte frontale a sinistra i santi Fortunato ed Ermagora (i patroni di Udine) e Odorico; a destra i santi Sebastiano, Barbara e Martino; sul retro a destra i santi Canziano, Giorgio e il beato Bertrando; a sinistra i santi Matteo e Nicolò con il beato Amedeo (quest’ultimo in omaggio alla casa Savoia). Le figure furono tradotte in marmo dallo scultore Luigi Pischiutti (Venezia 1896 – Udine 1952).
Un grosso problema era costituito dalle parti in bronzo: il monumentale Crocifisso alto metri 2,20 (esso poteva essere ruotato verso la cripta, grazia ad un meccanismo posto alla base), il Tabernacolo che riproduce le il Tempio stesso e i candelieri in stile Novecento. Occorrevano ben sette quintali di bronzo da cannone e Mistruzzi chiese aiuto a monsignor Cossettini per averlo dallo Stato.
Nel 1938 furono completate le opere marmoree del presbiterio, con la costruzione in marmo rosso di Verzegnis della cattedra episcopale, delle mensole e delle balaustre.
La zona presbiteriale è illuminata dalla luce che penetra dalla grande cupola, sorretta con 4 grandi arconi. L’impianto architettonico, ispirato ai progetti bramanteschi, di San Pietro, prevede l’apertura del presbiterio sul transetto, l’abside e le navate mediante delle aperture a serliana con intradosso a cassettoni e aperture rivestite in marmo rosso di Verzegnis.
Il presbiterio sotto la cupola e gli antichi dipinti
Il catino absidale è decorato con un grande mosaico su fondo dorato, raffigurante la Resurrezione di Cristo dal sepolcro, un soggetto che si deve porre in relazione con il Crocifisso di Mistruzzi sull’altare, intendendo riproporre una riflessione cristiana sulla Resurrezione dei defunti, quanto mai adatta al Tempio.
Il cartone preparatorio per il mosaico è del pittore Fred Pittino (Dogna 1906 – Udine 1991), autore di altre opere nel Tempio, e fu eseguito nel 1969 dalla Scuola Mosaicisti di Spilimbergo.
Alle pareti del presbiterio verso l’abside sono state collocate, il 18 marzo 1990, tre tele, provenienti dalla vecchia chiesa di San Nicolò: sulla parete sinistra La Vergine con il Bambino in gloria e i santi Girolamo, Andrea e Francesco, firmato da Jacopo Palma il Giovane (Venezia 1548/1550 – 1628) e databile tra 1620 e 1628; a destra La Vergine con il Bambino in gloria e i santi Nicolò e Giovanni Battista, attribuibile a Leandro Bassano (Bassano del Grappa 1557 – Venezia 1622); e accanto La Vergine che appare a san Filippo Neri, attribuibile ad Antonio Balestra (Verona 1666 – 1740).
Sulle pareti verso la navata centrale si possono notare, a sinistra, la Strage degli Innocenti, attribuita a Girolamo Lugaro (Udine, notizie dal 1624 al 1650); a destra l’Adorazione dei pastori, attribuita a Leandro Bassano (Bassano del Grappa 1557 – Venezia 1622). Entrambe le opere sono state collocate nel Natale del 2003.
Nelle piccole cappelle che si aprono sul lato del presbiterio a sinistra si conserva la statua lignea del Sacro Cuore di Gesù, eseguita nel 1923 da Valentino Besarel per la vecchia chiesa di San Nicolò; mentre sulla destra si trova l’altorilievo ligneo raffigurante Sant’Antonio da Padova, intagliato nel 1949 da Luigi Pischiutti. I due altari furono realizzati nel 1949, ma solo nel 1968 fu eseguito il fondo in tessere d’oro su disegno di Fred Pittino.
Sulla sinistra del presbiterio si trova anche l’ottocentesca statua ceramica di San Nicolò, che ornava la nicchia centrale dell’antica parrocchiale, forse eseguita in Baviera.
L'opera di Fred Pittino
Gli altari laterali erano rimasti provvisori e incompiuti, solo nel 1951 la parrocchiale decise di sistemate sulla sinistra del presbiterio la cappella e l’altare del Santissimo Sacramento, su un progetto dell’artista Fred Pittino (Dogna 1906 – Udine 1991), approvato nel 1957. Si conservano il paliotto e la mensa del vecchio altare, che fu collegato alle colonne in basso con medaglioni musivi raffiguranti i Quattro Evangelisti, mentre i due mosaici con gli Apostoli, di ispirazione bizantina, furono disposti ai lati del tabernacolo. Par racchiudere lo spazio Pittino ideò in alto un architrave ricurvo con delle lampade pendenti e in basso una balaustra che ripeteva i motivi arcuati delle grate. L’altare fu inaugurato nel 1958 e dedicato a Gesù Eucaristico.
Nella parte retrostante, in una nicchia appositamente ricavata, si venera un Crocifisso, mutilato dalle granata e ritrovato nel Santuario di Monte Santo di Gorizia.
Tra il 1961 e 1962 fu completato anche l’altare di destra, dedicato alla Madonna della Divina Provvidenza. Anche in questo caso si conservano paliotto e mensa del vecchio altare e fu eseguito il raccordo alle colonne con pannelli musivi, mentre lo spazio fu racchiuso con una pergula e una balausta con monogramma mariano, analogamente all’altro altare. Nel 1975 fu abbellito da Fred Pittino con il mosaico a forma di Croce che raffigura, su fondo dorato, le scene della vita di Maria intorno al simulacro della Madonna della Divina Provvidenza, tra angeli adoranti, eseguiti da Valentino Basarel e provenienti dalla chiesa di San Nicolò.
Sul retro dell’altare fu sistemata una statua di Santa Teresa di Lisieux (1962). La statua è opera di dello scultore Max Piccini (Udine 1899 – Tricesimo 1974), che dispose il corpo della santa tra un volo di angeli.
Il 24 maggio 1961 fu inaugurato il battistero e anche in questo caso il progetto fu opera di Fred Pittino. Esso sostituiva il sacello, costituito da 8 tombe di marno, che nel 1937 era stato dedicato ai caduti fascisti, smantellato dopo il 1945. Nel vano, chiuso da un cancello in ferro battuto e bronzo, con simboli dell’acqua lustrale, Fred Pittino eseguì sul fondo una vetrata raffigurante il Battesimo di Cristo, con dei vetri colorati dalle tonalità fredde e grisaille per meglio rendere i volumi. Al centro del pavimento in marmo nero, eseguì un mosaico pentagonale con dei pesci che alludono alle acque del Giordano da cui escono 5 colonne a reggere la vasca battesimale in onice rosa del Portogallo. Le pareti sono rivestite in repen e travertino, mentre lungo la cupola in mosaico dorato che chiude lo spazio si legge una frase di Venanzio Fortunato alludente al mistero del Battesimo.
La cripta
Dietro il presbiterio si scende, attraverso due rampe rivestire di marmi nero, nella cripta, interamente ricoperti dai loculi dei Caduti. Al termine della prima rampa, dove le scale si uniscono, si trova la tomba di monsignor Cossettini, ideatore e primo parroco del Tempio.
Percorrendo un’altra rampa si scende nella cripta sorretta da 20 pilastri in travertino: ai lati dell’ingresso si aprono due ossari, in cui furono tumulati i resti di 5.000 soldati senza nome, con l’epigrafe ET NOMEN/ UNA CUM SANGUINE/ PRO PATRIA/ DEDIMUS (Insieme alla vita offrimmo alla Patria il nome). Sulla sinistra si trova un ricordo dedicato alla epopea della Divisione Julia in Russia durante la Seconda guerra mondiale. La statua dell’alpino fu fusa in bronzo dallo scultore torinese Emilio Musso e posta in opera il 2 novembre 1958.
L’altare sulla destra, in pietra piacentina, fu eseguito nel 1966, sempre su progetto di Fred Pittino, mentre il figlio Bernardino progettò l’altorilievo della porta del tabernacolo. Di fronte alla scala c’è una piccola statua lignea di una Madonna, opera dello scultore Ferdinando Perathoner di Ortisei. Nel piedistallo sono state inserite le reliquie di Santa Teodora, provenienti dall’antica chiesa di San Nicolò.